Nel ricercare i materiali scientifici di questo spettacolo ho capito quanto confusa e vasta è la tematica e ad oggi rimangono vaste questioni aperte. Libri, conferenze e una miriade di articoli sono stati scritti, ma alla fine dei conti ancora tanto (tutto?) rimane da scoprire. Per questo lo spettacolo è strutturato come una enorme, incessante domanda: “dove va il tempo che passa?” Ad ogni risposta che proviamo a dare se ne aprono altre di nuove e più complesse. Non esiste una risposta definitiva.Nel costruire la drammaturgia di questo spettacolo abbiamo voluto partire dalla relazione molto tenera e toccante fra due generazioni: un nipote e suo nonno. Ma il nipote è più vecchio del nonno e sta per morire. Perché il nonno è un viaggiatore del tempo. Oppure un fantasma. Ma in ogni caso è uno spirito che - in teoria - dovrebbe poter spiegare a suo nipote i segreti del tempo. Ma non lo sa fare! Proprio come gli scienziati contemporanei, più si addentra nei meandri delle varie teorie sul tempo, e più si perde, si confonde, rimane spiazzato. E così mentre il nipote, in fin dei conti, riesce a trovare una sua pace interiore, il nonno sembra non farcela.
Sant’Agostino scriveva: “Cos’è dunque il tempo? Se nessuno m’interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi m’interroga, non lo so. Questo però posso dire con fiducia di sapere: senza nulla che passi, non esisterebbe un tempo passato; senza nulla che venga, non esisterebbe un tempo futuro; senza nulla che esista, non esisterebbe un tempo presente. Due, dunque, di questi tempi, il passato e il futuro, come esistono, dal momento che il primo non è più, il secondo non è ancora? E quanto al presente, se fosse sempre presente, senza tradursi in passato, non sarebbe più tempo, ma eternità.
Se dunque il presente, per essere tempo, deve tradursi in passato, come possiamo dire anche di esso che esiste, se la ragione per cui esiste è che non esisterà? Quindi non possiamo parlare con verità di esistenza del tempo, se non in quanto tende a non esistere.” Mille anni più tardi sembra che nulla sia veramente cambiato. In questo spettacolo arriviamo alla conclusione che, in fin dei conti, non è la fine del tempo che ci spaventa ma come abbiamo utilizzato il tempo che ci è stato dato. (Andrea Brunello