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Noi, Robot


Cosa vuol dire essere umano?
Ispirato all’Uomo Bicentenario e altri lavori di Isaac Asimov

di Andrea Brunello
con Laura Anzani e Andrea Brunello
regia Chiara BenedettieAndrea Brunello
video Valerio Oss
luci Federica Rigon
consulenza musicale Enrico Merlin
supervisione sugli aspetti filosofici Enrico Piergiacomi
un ringraziamento particolare a Caterina Freda


In collaborazione con il Laboratorio di Comunicazione delle Scienze Fisiche del Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Trento.
Nell’Uomo Bicentenario, il grande visionario Isaac Asimov descrive un robot umanoide che desidera diventare umano. Ma i suoi desideri non possono realizzarsi a causa della sua stessa natura, prima di tutto per via della sua mancanza di mortalità. Nonostante questo il robot mostra le caratteristiche di un buon essere umano: prova compassione, è creativo, ha desideri e può provare dolore... forse “esso” può diventare un “lui”?
Lo spettacolo indaga la possibile connessione fra il nostro cervello e quello delle macchine e prova che la relazione fra due “individui”, uno umano e l’altro macchina, non è affatto semplice e può portare a dei paradossi insormontabili. Questa produzione esplora in maniera attenta e precisa il nostro organo più meraviglioso, il cervello, e allo stesso tempo vuole capire dove sta andando il campo dell’Intelligenza Artificiale, come si stanno evolvendo i nostri “cervelli” artificiali? Lo spettacolo fa anche riferimento all’altro “cervello collettivo” che ci comprende, l’Universo, visto come un sistema complesso per molti versi simile al cervello umano (a partire dal fatto molto curioso che ci sono circa 100 miliardi di neuroni nel cervello umano e circa 100 miliardi di galassie nell’Universo che riusciamo ad osservare!).

Destinatari e lingua:

L'opera teatrale è per un pubblico dai 15 anni in su ed è disponibile in inglese e in italiano.



Note drammaturgiche:

Ho deciso di scrivere questo testo e di investire in una nuova produzione perché sento fortemente il desiderio di capire dove sta andando il genere umano nel suo incessante tentativo di “sviluppo”. Dopo i miei precedenti lavori sulla meccanica quantistica, il concetto di tempo e soprattutto sui cambiamenti climatici, sono sempre più convinto che il genere umano ha enormi e meravigliose potenzialità ma anche altrettanto grandi responsabilità e che ci troviamo su un crinale particolarmente difficile. Da una parte c’è il desiderio più che legittimo di esplorare, capire, migliorare la nostra vita. Dall’altro però abbiamo raggiunto una tale raffinatezza di mezzi che facciamo fatica a controllare i risultati delle nostre azioni. La questione dell’Intelligenza Artificiale è un esempio primario. Grandi pensatori come Stephen Hawking o anche Elon Musk hanno più volte avvertito che prima di procedere con lo sviluppo di esseri pensanti artificiali dovremmo elaborare delle “regole di ingaggio”, perché presto ci troveremo di fronte a dilemmi etici insormontabili: quali diritti avrà una macchina che potrà pensare in maniera creativa e provare sentimenti “umani” come il dolore, il desiderio, l’amore? E come vengono definiti tali sentimenti se alla fine dei conti anche per gli umani si più “tarare” il cervello attraverso interventi farmacologici oltre che psicologici? Con lo sviluppo delle protesi artificiali, arriverà un momento quando un essere umano non sarà più tanto... umano? Dovremo avere paura delle macchine? È molto affascinante notare che Isaac Asimov aveva già affrontato queste tematiche diversi decenni fa e questa è la prova che stiamo ragionando attorno a tematiche universali, che non dipendono dalla scienza, ma che invece hanno a che fare con la nostra natura umana e come ci relazioniamo con il mondo esterno.

Noi, Robot è una “trappola” per il pubblico che diventa giudice inconsapevole di un dramma molto difficile da risolvere: può esistere una relazione sentimentale fra un essere umano e una macchina? In scena ci sono due personaggi, una donna (ricercatrice nel campo dell'Intelligenza Artificiale) ed un uomo (astrofisico di fama mondiale). Ma da subito ci accorgiamo che non tutto è come sembra, che c’è un segreto. Il dialogo è serrato, divertente ma anche scientifico e filosofico. Il pubblico si sente “intelligente” perché l’obiettivo è proprio quello, di fare capire quanto brillante sia il cervello umano.

Ma poi succede un colpo di scena che mette tutto in discussione fino ad arrivare alla domanda fondamentale: può esistere intelligenza vera senza la capacità di provare sentimenti, di provare dolore?

Noi, Robot per me è un testo altamente filosofico oltre che scientifico che va a scavare sul senso di cosa voglia dire essere umano. Ma allo stesso tempo è un viaggio all’interno del nostro cervello e, nel farlo, diventa un percorso di scoperta sull’intelligenza e sulle responsabilità che essa ci pone.

Nella preparazione del testo ho studiato approfonditamente la tematica, ho lavorato con esperti di Intelligenza Artificiale e ho avuto la consulenza di neuroscienziati. Come per tutte le produzioni JPT, anche questo spettacolo è scientificamente solido e offre l’opportunità a chi lo vede di accendere la propria curiosità sui temi trattati, di provare un senso di meraviglia e magari anche di acquisire una nuova consapevolezza non solo sul proprio cervello e sull’intelligenza ma anche su tutto ciò che è scienza. Anche questo spettacolo è per me, quindi, necessario. (Andrea Brunello)

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